Intelligenza artificiale e proprietà intellettuale


Secondo la sentenza della Corte di Pechino, la Beijing Internet Court lo sforzo autoriale applicato utilizzando software basati su modelli di sviluppo merita di essere tutelato dal diritto d'autore.


La decisione sottolinea che l’AI funziona come uno strumento nelle mani di un artista, esattamente come un pennello o una fotocamera.


Così come il pennello o la fotocamera non creano autonomamente arte ma richiedono l'intervento creativo umano per produrre opere d'arte, così l’intelligenza artificiale è lo strumento che permette la creazione di immagini da parte del digital creator.


Particolarmente significato un passaggio della sentenza:

oggi, la fotocamera degli smartphone raggiunge livelli qualitativi sempre maggiori, diventando oltretutto sempre più semplice da utilizzare. Tuttavia, finché gli scatti risulteranno originali, riflettendo l'investimento intellettuale del fotografo, costituiranno opere autoriali e saranno protette dalla Legge sul Copyright. Lo sviluppo di tecnologie e strumenti riduce l'investimento umano, ma il sistema del Copyright dovrebbe rimanere comunque in vigore per incentivare lo sviluppo di nuove opere”.


E ancora: “C’è un fatto tutt'altro che trascurabile: ogni autore a una volontà e un gusto proprio e, quando crea per un cliente, compie scelte personali. Attualmente, i modelli di Al generativa non hanno una volontà autonoma e non hanno alcuna personalità giuridica. Pertanto, quando le persone usano un modello di Al per generare immagini, non c'è alcun dubbio su chi debba esserne riconosciuto autore. In sostanza, la creatività è un processo sempre riconducibile all'uomo-autore anche se si avvale di strumenti evoluti per creare, cioè è l'uomo che fa l'investimento intellettuale durante tutto il processo di creazione, non il modello di Al."


Secondo la Corte come chi produce un pennello non può vantare alcun diritto sulle tele, la software house che programma l’AI non ha diritti sul materiale creato con essa: "Il progettista del modello di intelligenza artificiale non aveva l'intenzione di creare una specifica immagine, né aveva dato indicazione per generare le conseguenti derivazioni creative. Non è stato coinvolto nel processo di generazione delle immagini in contestazione; quindi, in questo caso, è solo un produttore dello strumento di creazione. Progettando l'algoritmo e il modello e utilizzando una grande quantità di dati per "addestrarlo", il progettista ha dotato il modello di IA della capacità di generare autonomamente contenuti in risposta a diverse esigenze. Il progettista ha senza dubbio fatto un investimento intellettuale durante quel processo, ma tale investimento è andato alla progettazione del modello di IA, cioè alla produzione di uno "strumento di creazione", non all'immagine in sé. Pertanto, il progettista del modello di IA non può vantare alcun diritto sull'immagine generata."


Dunque, per la Corte di Pechino le immagini generate appartengono a chi ha effettuato le scelte creative e meritano di essere tutelate.